Sviluppo della teoria atomica
Definizione
Dopo aver delineato la struttura generale dell’atomo, è utile ripercorrere alcune tappe sperimentali che hanno condotto alla formulazione della teoria atomica moderna, dalla visione corpuscolare ottocentesca fino all’assetto nucleare con particelle subatomiche.
Agli inizi del XIX secolo, il chimico inglese John Dalton avanzò la prima teoria fondata su evidenze sperimentali per interpretare le leggi ponderali allora note (proporzioni definite e multiple). La sua idea chiave fu che le sostanze siano costituite da entità elementari discrete, gli atomi, alle quali attribuì enunciati ordinati e coerenti con i dati dell’epoca (Figura 01.07-01):
- la materia è formata da unità estremamente piccole, gli atomi;
- in una trasformazione chimica gli atomi non si creano né si distruggono e non si convertono in atomi di specie diversa;
- tutti gli atomi appartenenti allo stesso elemento sono indistinguibili per massa e proprietà;
- atomi di elementi differenti manifestano proprietà distinte;
- gli atomi si aggregano in rapporti numerici semplici e interi per costituire i composti;
- un processo chimico è un riassetto di legami tra atomi, senza alterazione della loro identità.
Una parte sostanziale di questa impostazione è tuttora valida: la struttura discreta della materia, la distinzione tra elementi, i rapporti stechiometrici nei composti e l’idea di reazione come riarrangiamento restano pilastri della chimica. Due punti, invece, sono stati riformulati alla luce di scoperte successive: la radioattività e le reazioni nucleari di fusione e fissione contraddicono l’assoluta “indistruttibilità” atomica, mentre gli isotopi, ossia atomi dello stesso elemento con diverso numero di neutroni, smentiscono l’identità perfetta di massa per tutti gli atomi di un dato elemento. La (Figura 01.07-01) impiega un modello elementare per rappresentare graficamente le idee daltoniane.
Tra il 1879 e il 1897, una serie di esperimenti mostrò che l’atomo non è indivisibile. In tubi a scarica con gas rarefatti, William Crookes osservò raggi che si propagavano dal catodo all’anodo, i cosiddetti raggi catodici. Studi successivi di J. J. Thomson evidenziarono che tali raggi sono deviati da campi elettrici e magnetici, implicando la presenza di particelle cariche negativamente (Figura 01.07-02). Thomson determinò anche il rapporto carica/massa dell’elettrone, trovando il valore
\(\frac{e}{m} \approx 1{,}76 \times 10^{11}\ \mathrm{C\,kg^{-1}}\),
coerente con la natura di particella leggera e altamente responsiva ai campi. La misura indipendente della carica elementare mediante l’esperimento delle goccioline d’olio di Millikan permise di ricavare la massa dell’elettrone, circa \(9{,}11\times 10^{-31}\ \mathrm{kg}\), confermando la sua estrema leggerezza.
Esperimenti analoghi con tubi a scarica condotti da Eugen Goldstein misero in evidenza raggi positivi (i “raggi canalizzati”), costituiti da particelle con carica uguale in modulo a quella dell’elettrone ma di segno opposto. Queste particelle, i protoni, risultarono molto più massicce: la loro massa è circa 1836 volte quella dell’elettrone, e la carica è \(+e\). In tal modo emerse una struttura atomica dotata di portatori di carica di segno opposto.
Una terza componente, elettricamente neutra, fu postulata per spiegare discrepanze tra numero atomico e massa atomica e per dare conto dell’esistenza degli isotopi. Nel 1932 James Chadwick dimostrò sperimentalmente il neutrone bombardando nuclei con particelle alfa e rivelando emissioni capaci di espellere protoni da materiali leggeri: la neutralità elettrica e la massa comparabile a quella del protone (più pesante di meno dell’1%) risultarono inequivocabili. Il quadro subatomico di elettroni, protoni e neutroni divenne così un riferimento consolidato della struttura della materia.
Fino ai primi anni del XX secolo, un’ipotesi diffusa prevedeva protoni ed elettroni distribuiti uniformemente nel volume atomico. L’esperimento con particelle alfa condotto nel 1911 da Hans Geiger nell’ambito del gruppo di Ernest Rutherford confutò tale scenario. Utilizzando il radio come sorgente di particelle alfa dirette contro una sottilissima lamina d’oro e registrando i segnali su uno schermo rivelatore (Figura 01.07-03), si osservò che:
- la grande maggioranza dei proiettili attraversava la lamina senza deviazioni apprezzabili;
- una piccola quota subiva deflessioni marcate, e una frazione ancora minore risultava retrodiffusa.
Rutherford interpretò i dati postulando che quasi tutto il volume atomico è vuoto, mentre massa e carica positiva sono concentrate in una regione estremamente piccola e densa: il nucleo. Le particelle alfa, massicce e cariche positivamente, talvolta incontravano questa concentrazione di carica, venendo deviate anche a grandi angoli; in rarissimi casi rimbalzavano indietro. L’effetto, che lo scienziato paragonò a una palla di cannone che rimbalza su un velo sottilissimo, segnò una svolta concettuale. Il modello nucleare ruppe definitivamente con l’ipotesi di distribuzione omogenea e preparò la strada a una rappresentazione dell’atomo con elettroni dispersi in un volume molto maggiore attorno a un nucleo compatto (Figura 01.07-04), fondamento indispensabile per comprendere la chimica e la fisica atomica del XX secolo.
